“Guadagnarsi da vivere”.
Non fa un po’ strano che tra noi e gli uomini delle caverne sia cambiato ben poco?
Dai graffiti sui muri all’intelligenza artificiale, e nonostante tutto “guadagnarsi da vivere”.
Stando a David Hume, nelle corti del Settecento occorreva essere accomodanti con i Signori per garantirsi vitalizi e un posto a corte. Certo, ogni tanto si vede Figaro a nozze, ma nella stragrande maggioranza dei casi è il modello della vita di corte che tiene il palco.
Vita di corte contemporanea, solo che invece dei Signori c’è finito Uno, nessuno, centomila.
E quindi via a intavolare nella mente scenari della durata d’un battito di ciglia e il lascito emotivo d’una guerra in trincea. Scelte quotidiane che diventano partite di Risiko con la necessità di far tutto con savoir faire.
Quando è chiaro che nessuno ha più riaperto quel pozzo in cui per sbaglio, da bambini, ci si era imbattuti e guardando dentro abbiamo provato a seguire la via dei perché fino a sentire l’eco solitario della nostra voce scivolare all’infinto, arrivando nel nulla se riusciva a oltrepassare gli atti di fede.
Nichilismo, esistenzialismo, assurdismo. Comunque la si guardi è evidente che del nulla che sta legato al vivere, di certo non c’è da guadagnarselo.
E allora forse vorrei togliere la maschera da Pulcinella, che di certo l’edonismo invogliato alla fermata dell’autobus non è la sostanza di cui son fatti i sogni.
Economia, sostenibilità, povertà, metaverso. Tutto sembra un necessario intricato Tetris in cui si continua ad attendere la I da 5 blocchi che risolva tutto e così togliere l’acqua alla gola e cambiare quella musichetta ansiogena di sottofondo di quando si è vicini al game over.
Spero che d’ora in poi la frase “guadagnarsi da vivere” non vi lasci indifferenti. Spero smuova qualcosa, anche il più piccolo scotimento di ciglia. Ma davvero posso giocare a Fifa con un coreano nel metaverso e, come l’uomo delle caverne, sia normale pensare che la vita vada guadagnata?
Roma, 29/06/23
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