Una provocazione che rompe tanti tabù e fa fare un passo avanti alla società:
definirei così l’esternazione del viceministro Martone che va a definire sfigati coloro i quali non sono laureati entro i 28 anni.
Unitamente a questa, andrei anche a riprendere un’altra provocazione di questi giorni, ossia quella portata avanti dal sito Diritto di Critica che ha sfatato un altro mito, ossia quello del 110 e lode.
Entrambe le dichiarazioni hanno fatto velocemente il giro dei social network e dei tg italiani, e hanno ovviamente diviso la nazione in diverse linee di pensiero: dai più intransigenti, ai tolleranti, fino agli indignati.
Sono parole forti, decise e dette per sfregiare a fondo un’abitudine che sempre più spesso vede protagonista la nostra società.
Se fino a poco tempo fa, chi non aveva voglia di studiare non vedeva l’ora di abbandonare gli studi per imparare un mestiere, guadagnare qualche soldo, ed imparare un’arte professionale, al giorno d’oggi pare che la tendenza sia quella di rimandare in ogni modo tale incontro con il mondo del lavoro, soggiornando per qualche anno all’interno di qualche università, cercando di racimolare una qualunque laurea, studiacchiando qua e là, ponendosi come fine il superamento degli esami, piuttosto che l’apprendimento di una materia.
Ecco quindi il perché di tanti laureati senza lavoro, ecco il perché della perdita di valore di un titolo di studio, la Laurea, diventato troppo inflazionato per poter risplendere del valore che vantava qualche anno fa.
Per questo motivo quindi, togliendo dall’analisi chi non ha concluso un percorso di studi in tempo per via di motivi che vanno oltre l’ordinaria routine, non si può far altro che applaudire la dichiarazione del viceministro al Lavoro.
Altra conseguenza di tale fenomeno, ci conduce all’analisi della seconda provocazione, ossia quella che metterebbe in secondo piano il voto di laurea rispetto alla facoltà, all’Ateneo di provenienza dello studente.
Questo perché molte Università al fine di avere un maggior numero d’iscritti hanno sposato da molti anni una linea di pensiero che già da tempo ha conquistato gli istituti superiori, ossia quella di cercare di far passare un po’ tutti, aiutando ed agevolando gli studenti, dando come eccellente un risultato di poco distante dal minimo sufficiente.
Un’abbassamento degli standard da raggiungere che sì, aiuta le entrate nel breve periodo, ma al tempo stesso allontana le menti più eccellenti nel lungo e fa perdere valore all’Ateneo stesso, facendolo sprofondare nell’abisso di Ateneo-cuscinetto.
Ecco quindi che capirete bene come il voto di laurea necessiti di essere ponderato in funzione del tipo di insegnamenti, al fine di premiare chi ha lavorato giustamente e chi no.
Il metodo di ponderazione però, lunge dall’essere semplice, ed al peggio potrebbe diventare un pregiudizio inaccettabile.
La soluzione migliore sarebbe quella di alzare lo standard, far diventare l’Università quel luogo di respiro in cui chi veramente vuole apprendere ed applicarsi possa accedervi. Solo così potremmo togliere quell’alone di polvere ora presente in molti Atenei, ed al tempo stesso ritornare a splendere nell’Economia globale.
Saluti
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