— Siro Industry

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October, 2012 Monthly archive

Il 25 Ottobre è andato online, in Italia, PeopleStat.

L’avevo scoperto in anteprima qualche mese fa, un nuovo metodo di fare survey online, di porre domande e capire qual è l’opinione generale delle persone.

In un panorama attuale in cui rimanere aggiornati su ciò che succede è importante, ma è ancora più fondamentale capire dove porta la corrente, l’opinione pubblica, e perché, PeopleStat offre uno strumento straordinario.

Mi piace, l’ho usato ieri per la prima volta, e nonostante sia solo alla versione beta, mi sono trovato benissimo!
L’idea di base è molto simile a Yahoo! Answer: si pone delle domande e qualcuno dà delle risposte, solo che qui ci si confronta sopratutto con opinioni, favorevoli/contrari, idee, spunti.

Fino a qui però, nulla di nuovo, almeno da quel che si capisce da queste poche righe.

La differenza la fa, come sempre, la tecnologia!
PeopleStat infatti, invita a dare la propria risposta mettendo la parola chiave sotto forma di hashtag.
Così facendo, per ogni domanda, sarà facilissimo ed immediato scoprire la sentiment relativa all’argomento di coloro che hanno risposto, avendo così immediatamente un’idea sull’opinione generale.

Dopodiché le statistiche permettono di leggere da dove provengono le risposte, il genere di coloro che sono attivi su una determinata domanda, ed altri interessanti valori.

Dinamico e facile da utilizzare, PeopleStat prova a dare anche un rank al profilo in base all’interazione, alle risposte, ed all’analisi della presenza social (a mo’ di Klout).

Domande, risposte, opinioni, motivazioni, il tutto suddiviso per categorie definite e facili da selezionare.
Se il buongiorno si vede dal mattino, vi dirò che era da un po’ che non mi alzavo così sorridente!

Provatelo e fatemi sapere se siete della mia stessa opinione, e per l’appunto, ho creato una domanda su PeopleStat! 😉

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È arrivato il momento di sfatare alcuni tabù legati al mondo universitario.

Ancora una volta, alla provocazione del Ministro Fornero, in cui ella invitava i giovani ad essere meno Choosy sulla ricerca del primo lavoro, s’è scatenato l’inferno.

Tra chi commenta duramente, superficialmente, a chi crea blog a riguardo, s’è scatenata la social media sfera. Fortunatamente non tutte le persone si schierano da quella parte, mi ha fatto molto piacere leggere le poche ma precise righe di Linus, di cui condivido pienamente il pensiero.

Ora, potrete essere d’accordo con me o no su quanto scrivo, ma è un sassolino che voglio togliermi da un po’: il futuro professionale di ogni persona, individuo, non è esclusivamente in funzione dei propri interessi e delle proprie preferenze.

In altri termini, quando un giovane si pone davanti all’interrogativo di quale carriera universitaria intraprendere, deve ponderare bene l’incrocio tra domanda ed offerta, capire quale campo può portargli maggiori soddisfazioni, opportunità lavorative, ed un futuro stabile.

Lo studente che esce dall’istituto superiore, dal liceo, evoluto e smart, deve essere in grado di interpretare il mercato, aiutato e consultato nel farlo, ma deve essere matura abbastanza (da qui il termine maturità) da capire di dover mettere davanti ai propri idilli anche alcune logiche più funzionali e di performance.

Frank Zappa sosteneva: “Nella lotta tra te ed il mondo, stai dalla parte del mondo”, e con questo credo volesse riferirsi anche a tutti quei dissidi interiori in cui occorre fare una scelta, prendere una strada.

Ora, non escludo che la costanza, l’impegno siano necessari, che spesso nel sistema Italia, soprattutto quello legato all’istruzione (elementare, media, superiore, universitaria) ci siano dei disagi allucinanti, ma al tempo stesso non mi va di giustificare tutte quelle persone che sono campate grazie a bigliettini, sistemi di raggiro, hanno scelto una facoltà facile, hanno passato gli esami con aiutini, o hanno fatto delle scelte che non sono in linea con il mercato, per cui c’è una sovrabbondanza di risorse, e POI SI LAMENTANO.

Non voglio essere rappresentato da questi soggetti: sono quelli che inquinano le statistiche, fanno perdere valore al titolo di studio, a chi ha fatto rinunce per completare il proprio percorso di studi, ed è arrivato, di chi un domani quando dovrà scegliere ascolterà anche queste voci dissimulatorie, andrà all’estero, ed abbasserà ulteriormente la qualità dell’università italiana, una delle più antiche d’Europa.

Ritornando al Choosy, sono sicuro che come le altre provocazioni di Monti, esse debbano essere letto con il giusto spirito critico, curioso e umile.

Molto spesso infatti, è l’umiltà quella che manca in un laureato italiano: deve ancora iniziare e pensa già di essere arrivato.

Ed allora, se il modo di pensare è questo, il Choosy rischia di diventare persino una grande opportunità!

Capisco benissimo la frustrazione di non mettere in atto ciò che si è studiato, che si ha appreso, ma da un punto bisogna pur partire, e molto spesso non si trova nelle parti alte della piramide.

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Molto spesso quando mi interfaccio con dei clienti che vogliono estendere la propria comunicazione nel mondo dei social media, ed ingaggiare (to engage) il proprio target in un modo più 2.0 rispetto alla solita adv offline, noto che manca una formalizzazione dei valori, target, tone of voice, ed altri aspetti legati alla personalità della marca, dell’insegna distributiva, che si vuole promuovere.

Ciò accade con maggior frequenza tanto più ci si abbassa in termini di grandezza organizzativa, tanto da trovare la percentuale più alta nelle PMI. Qui infatti, tutti questi concetti sono chiari e ben presenti nella testa dell’imprenditore, o dei soci, che di volta in volta li comunicano all’interlocutore esterno, cercando di far intuire molti aspetti tramite il racconto della propria storia, del proprio passato, di quanto fatto in chiave comunicativa e di marketing.

Quello che però bisognerebbe imparare a fare, è formalizzare questi diversi aspetti, a volte pure banali, su un documento chiamato Brand Profile (Company Profile quando riguarda l’azienda in toto).

Il brand profile è un documento che accoglie al proprio interno i diversi caratteri ed aspetti descrittivi della marca (che nel caso della PMI possono coincidere con l’azienda stessa, il Company Profile) in cui vengono specificati, punto per punto il posizionamento a livello di target, benefici apportati, reason why (il perché che spinge il consumatore all’acquisto) e gli elementi di supporto in cui sono definiti i valori, le associazioni, il tone of voice, i modelli comunicativi, ed altri elementi chiavi che vanno a descrivere in toto la personalità della marca.

Tale documento, è utile non tanto in termini interni, in cui spesso la cultura organizzativa condensa implicitamente dentro di sé tali aspetti, ma in termini  esterni e di co-working: quando si delinea il brief per un’agenzia, si sviluppa e progetta un nuovo prodotto/servizio, si delineano le strategie e le tattiche, il brand profile è un elemento fondamentale che permette all’azienda (quando per la PMI è immedesimata con il brand) di fare chiarezza e scrivere i meglio gli obiettivi che intende raggiungere, per poi averne una misurazione più precisa e delineata, utile per meccanismi di correzione e feedback, essenziali per lo sviluppo.

Tutto ciò per dire cosa: che nelle PMI, che sono la trama portante del tessuto imprenditoriale italiano, occorre spesso un po’ di formalizzazione in più per riuscire ad aumentare l’efficacia del posizionamento, e quindi della comunicazione con il proprio target!

In termini di social media merketing, tutto ciò si traduce in una capacità di cogliere meglio il linguaggio ed il modo di interfacciarsi con il proprio target, al fine di far cogliere nel migliore dei modi al cliente finale il posizionamento della marca e ciò che è presente dietro quel nome, dietro quel simbolo!

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Oliviero Toscani.
Fotografo, visionario, artista.

Con le campagne Benetton ha rivoluzionato la comunicazione commerciale, ha inserito la cronaca all’interno della stessa tramite scatti irriverenti ed unici, e portato un brand ai vertici mondiali, creando icone valoriali sempre moderne e senza tempo.

Ho avuto modo di partecipare ad un suo speech (passatemi il termine, anche se dibattito forse ci stava meglio) sull’Italia oggi e sul suo passato.
Teatro per l’occasione il Fuori Orario, locale alle porte di Parma, orientamento filo socialista, architettura particolare e ambiente un po’ fuori dal comune.

Bene, finito l’intro direi che ciò che va seguendo può essere sintetizzato in una frase:

“Ad ognuno il proprio lavoro”.

Genio anticonformista, visionario, artista, ma per cortesia, non politico.
Forse ormai sta diventando una moda sempre più diffusa quella di prendere il personaggio di turno, comico o big internazionale che sia, ed una volta rientrato in Italia dargli un microfono e farlo parlare di politica, magari in qualche locale a tema, o in concomitanza con il lancio di qualche libro.

Vi dirò, inizialmente si è presentato come il cosmopolita innegabile che sia, mostrando l’Italia con gli occhi dell’estero, tra inaffidabilità e mafia, e sdoganando alcune illusioni come quella del genio italiano.

“La genialità non è divisa per passaporti” ha recitato, e tra un disappunto verso l’opinione di massa influenzata dalla dittatura televisiva, ed una citazione al denaro, diventato come la principale cosa della vita di ciascuno, ha provocatoriamente personificato l’Italia come la donna più bella del mondo, diventa di facili costumi per via di coloro che l’hanno governata e fatta diventare tale.

Dopodiché la serata è arrivata allo spannung quando si è parlato d’arte, d’immaginazione, di come quest’ultima sia l’unica cosa senza limite, di come la comunicazione ed il potere si servano l’uno dall’altra, portando ad esempio il rapporto tra la Chiesa ed i più grandi artisti dei secoli scorsi.

Fino a qui tutto sublime: note di poesia si mischiavano a irriverenti provocazioni sulla chiesa, fino a quando non è stato il momento di addentrarsi nel discorso politico, in concomitanza con il momento dedicato alle domande.

Qui si è un po’ perso il Toscani artista, quello geniale, per ritrovare un Toscani che cerca l’applauso facile, tergiversa sulle domande più ostili e recita frasi fatte per strizzare l’occhio al pubblico esplicitamente di parte ed affamato di tali citazioni.

Una su tutte il confronto tra l’età di Monti e quella di Mick Jagger, e su come mentre uno studiava l’altro inventava il rock, portando la riflessione sempre più verso il populismo che il puro pensiero, diversamente da quanto fatto poc’anzi con la fotografia.

Oh, lì si che era stato profondo: avevo richiamato in campo la masturbazione professionale di quei fotografi che si pensano tali, si credono tali, senza capire che la vera arte fotografica sta nell’immaginazione più che nello scatto.

Ad ognuno il proprio lavoro quindi: come infatti egli stesso ha più volte sottolineato, coloro che si definiscono creativi, che si sentono tali, non sono nient’altro che mediocri (forse pure un po’ sfigati), allo stesso modo, il triste destino va a coloro che si improvvisano politici, e per la gioia di un applauso si snaturano e cadono in una triste generalizzazione e tanto populismo.

Genio il Toscani artista, mediocre il Toscani filo-politico.

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Oggi vorrei parlare un po’ con voi di dati.
Si, tutti quei numeri incasellati in microcelle dai bordi fastidiosi e che se riuniti ed analizzati possono creare bellissime immagini, torte, grattacieli e persino barrette a zigzag.

Non sono ancora pronto per approfondire il campo dei Big Data, però intanto inizierei con un post adatto alle tasche di tutti: facile, veloce, gratuito e utile.

Si tratta di analizzare la composizione demografica dei propri amici su Facebook e di osservare il proprio stile di posting avuto durante la propria permanenza online sul social network.

In altre parole, il notissimo portale matematico/di elaborazione dati, definito anche il motore di ricerca della conoscenza WolframAlpha (si, quello che vi risolva le disequazioni logaritmiche mostrandovi i passaggi) ha messo a disposizione, ormai già da qualche mese un nuovo servizio gratuito: l’analisi del proprio profilo Facebook.

Ho provato a farla sul mio, e (dati a parte) delinea alcuni trend davvero interessanti, ve ne cito alcuni per rendere il post più interessante e per farvi considerare l’idea di provarlo:

Stile di Condivisione

Per prima cosa viene analizzato il proprio stile di condivisione, e quindi la quantità di oggetti condivisi con la rete, la distribuzione di tipo qualitativo e quantitativo e soprattutto temporale: Wolfram infatti vi mostra un interessantissimo grafico dove potete osservare i momenti in cui siete più inclini alla condivisione!

Ci sono anche delle analisi riguardanti il numero di caratteri usati negli status (e qui non vi mostro il mio dato perché è alquanto imbarazzante il trend di crescita attuale) e le parole chiave più usate (piccolo bug per gli italiani in quanto Wolfram toglie le preposizioni solo per la lingua inglese, e quindi l’analisi in italiano è forviante).

Interazioni

Altra cosa davvero interessante sono le classifiche relative alle interazioni online, gli amici più attivi sul proprio profilo ed infine i post più commentati e con più like (in puro stile Klout).

Composizione Demografica

Infine, viene fatta l’analisi di tutte le amicizie in quel momento e mappata una dimensione demografica di genere, situazione sentimentale, ma anche territoriale, per lingue parlate, partiti politici presi, che però, in alcuni casi, sono forviati da scorrette preferenze inserite dagli utenti Facebook.

Una bella analisi dunque, facile da leggere e che dà un bilancio di quella che è la propria situazione online su Facebook, consapevolizza e può addirittura salvare molte coppie: la percentuale di persone single di sesso opposto può essere un dato alquanto interessante 😉

Per provare dovete andare su www.wolframalpha.com/ è scrivere Facebook Report sulla ricerca, iscrivetevi gratuitamente e avrete le vostre belle statistiche!

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Ce ne fossero di appuntamenti come questi!

Direi che secondo me è la frase che più rappresenta l’evento a cui ho partecipato ieri sera a Rovigo.
Non ho fatto alcun post prima in quanto i posti disponibili sono andati a ruba, bruciati, complici sia dell’affascinante sito dell’evento, sia dello charme degli interlocutori che si sono ben portati amici e parenti per andare sul sicuro..

Nonostante questo, ieri sera sono stato a Pillole di Futuro, un format di dialogo in cui una dozzina di persone ha potuto raccontare la propria pillola di futuro: knowledge o experience che fosse.
Il pubblico, super interattivo e 2.0 era chiamato in causa a partecipare attivamente, e a twittare fino alla morte del proprio smartphone sotto l’hashtag #pilloledifuturo.

Vi dirò, gli interventi forse erano un po’ troppi, però il format di pillola, ossia di 10 minuti ciascuno ha reso vario e ritmato tutto l’evento, tant’è che sono stati pochi i casi in cui ho abbassato la testa o guardato l’orologio, e questo è già un ottimo traguardo!

Gli speech sono stati parecchi appunto, ma tutti hanno saputo portare casi e idee di innovazione che unite nel complesso hanno dato una forte identità all’evento ed hanno saputo rendere partecipi e consapevoli tutti coloro che erano presenti alla serata.

Io se volete, vi posso raccontare quel che ho raccontato io (sì, ero uno di quelli con le slide ed il bel sorriso stampato in faccia).

Come introdotto ieri, mi sono più volte interrogato su cosa avrei voluto vedere io se fossi stato tra il pubblico, e in quelle occasioni rimango sempre affascinato da pillole sorprendenti, casi che mi lasciano a bocca aperta, e così ho cercato di mostrare tre belle esperienze, scovate nel web, di Shopping Experience!

Vi lascio alle slide, e vi aspetto al prossimo evento (se ce ne sarà un altro)!

Non ho elencato tutte le twitt star, i vip del mestiere che c’erano, ma se volete sapere chi sono, andate su Twitter e fate una bella ricerca con hashtag #pilloledifuturo

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